giovedì 21 febbraio 2019

Atlante delle Isole Remote - 20/50 - Oceano Pacifico - "Le isole della delusione"

Come dite?
Siete stufi di navigare su e giù per l'Oceano Indiano?

Ok, ok, basta dirlo, ci trasferiamo subito di là, l'Oceano Pacifico va bene?
Veh quante isolette ci sono ...


"Quando il 28 novembre 1520 raggiungono il grande oceano e fanno rotta verso nordovest, il capitano Ferdinando Magellano annuncia che impiegheranno un mese al massimo per arrivare alle isole delle Spezie. Ma ben presto non ci crede più nessuno.
... Quando, dopo cinquanta giorni, avvistano finalmente la terra, non scoprono un fondale dove gettare l'ancora; le scialuppe che sbarcano sulle isole non trovano niente che possa placare la fame o la sete. Le chiamano "Isole della Delusione" e proseguono il loro viaggio"


Isola Napuka o Pukaroa (Polinesia Francese)

14° 10' S

141° 14' O

Superficie: 8 kmq
Popolazione: 277 abitanti


Si tratta di un piccolo atollo corallino, fa parte delle "Isole della Delusione", le quali a loro volta si trovano all'interno dell'arcipelago delle Tuamotu.

Il villaggio principale è Tepukamaruia.

Dal 1977 l'isola ha anche un aeroporto, che è proprio accanto al villaggio.



Si dice che queste isole abbiano avuto il loro nome da Ferdinando Magellano, che non riusciva a trovare una fonte d'acqua con cui rifornire le scorte della sua nave, mentre era in rotta verso le Isole Filippine.
Tuttavia, il primo europeo a raggiungere l'atollo Napuka fu l'esploratore britannico John Byron nel 1765. 
A quanto pare pure lui nominò Napuka e Tepoto "Isole della Delusione" a causa dell'ostilità dei nativi. 

Le isole sono secche, e non molto adatte alla vita umana.


Nel villaggio, a 150 m a sud della chiesa sul bordo dell'oceano si trovava il Marae Ragihoa, il marae della popolazione dell'ovest dell'atollo di Napuka. Fu descritto da Emory nel 1934 e nel 1947 e più recentemente nel 1990 da Joseph Tchong.
Sfortunatamente, nel 2008, i resti di questo marae sono stati distrutti per costruire un terrapieno protettivo lungo la diga. Tutto ciò che rimane è una grande piazza bianca che spicca tra il verde degli aghi degli alberi e il blu dell'oceano.
Tutta la cultura ancestrale dell'atollo è stata sepolta per sempre ...



Un marae è un luogo sacro che serviva sia per eventi sacri che sociali nelle società polinesiane pre-cristiane.
In tutti questi linguaggi la parola significa "pulito, libero da alberi, etc." ed infatti il marae consiste generalmente in una spianata rettangolare, circondata da pietre o blocchi di legno a volte con terrazzamenti. Le marae erano utilizzate anticamente per dei cerimoniali con una pietra centrale detta ahu.



Insomma, sembra proprio un bel posto del cavolo questo bell'atollo,
però visto che l'aeroporto c'è,
quasi quasi ci si potrebbe andare di persona,
per verificare se c'è proprio tutta 'sta delusione.


2 commenti:

  1. Se c'è una cosa che veramente mi affascina sono le "religioni" di popoli così piccoli e sperduti. La cosmogonia di un popolo non è solo la ritrita raccolta di racconti fantastici su quanto fossero il gruppo di persone preferite (proprio loro, ma guarda un po') da Dio o dagli Dei. In realtà dentro ci sono linee culturali che permettono anche di ipotizzare da quale gruppo umano precedente discende questo popolo che si è isolato. Anzi, magari permette di farsi un'idea proprio del perché si sia isolato. C'è dentro tutta la cultura, in una religione. D'altronde per questo ogni popolazione umana ne ha una.
    E insomma, pensare che tutto questo po-po di roba spesso sia stato sepolto dai calcinacci di noi europei nel periodo coloniale è proprio da darsi le bacchettate sulle nocche da soli.
    A proposito, inizi tu no?

    RispondiElimina
  2. Ahia, bacchettate sulle nocche, si, beh poteva anche andare peggio ...
    cmq questi sperduti popoli dell'Oceano Pacifico hanno alle spalle la testimonianza della millenaria civiltà dei Ma'ohi a Tahiti, per non parlare poi di Rapa Nui, anzi, probabilmente ne parleremo, a suo tempo però, che ora mi fanno male le nocche.

    RispondiElimina