domenica 28 gennaio 2018

Atlante delle Isole Remote - 16/50 - Oceano Indiano - "Diego Garcia"


"Aspettano di fare ritorno negli slum di Port Louis.
Più di quarant'anni fa i chagossiani hanno perduto la patria, la loro vita in un semplice paradiso".
Isole Chagos (Regno Unito)

7° 18' S
72° 24' E

Superficie: 27,00 kmq
Popolazione: 3.700 abitanti


 Nell'Oceano Indiano si trova un arcipelago chiamato Chagos (o anche Ciagos o Chago),
si trova a sud delle isole Maldive e a nord-est rispetto all'isola di Mauritius.


Le Chagos, composte da sei atolli con terre emerse, con 55 isole, quattro atolli sommersi e sette barriere coralline sommerse, sono praticamente disabitate da decenni.



Quest'isola è la più grande di tutte e l'unica abitata, ed è un atollo corallino tropicale a forma di impronta che occupa circa 174 kmq, di cui 27,19 kmq è terra asciutta. La porzione continua del bordo dell'atollo si estende per 64 km da un'estremità all'altra, racchiudendo una laguna di 21 km di lunghezza e fino a 11 km di larghezza.
 


Nel 1965 Londra sottrasse le isole al controllo amministrativo del governo coloniale di Mauritius e creò il British Indian Ocean Territory.
L’anno successivo gli inglesi affittarono Diego Garcia alla marina statunitense e cominciarono a rimuovere gli ìlois, i discendenti dei coltivatori giunti sull'isola alla fine dell'Ottocento, che vennero deportati in pochi mesi dalle autorità britanniche, con il supporto dei mezzi navali statunitensi. 
I chagossiani, di stirpe creola, ovvero discendenti degli schiavi africani, nei loro luoghi d’origine erano autosufficienti. Oggi 4.500 vivono a Mauritius e 500 alle Seychelles, pur fra mille difficoltà.
Molti sono disoccupati, quasi tutti vivono ai margini della società. 

All’inizio gli isolani vennero ingannati e indotti ad andarsene. Chi si trovava a Mauritius per cure mediche urgenti non poté ritornare. Mentre gli americani cominciavano ad arrivare per costruire la base, sir Bruce Greatbatch, governatore delle Seychelles incaricato della «bonifica», ordinò che tutti i cani di Diego Garcia venissero uccisi. Quasi mille animali furono radunati ed eliminati con i gas di scarico dei veicoli militari americani. «Portarono i cani in una fornace dove lavoravano i nostri», racconta Lizette Tallatte, oggi sessantenne, «e mentre i cani ci venivano strappati via sotto gli occhi, i bambini strillavano e piangevano».
La gente lo prese come un avvertimento. Chi era rimasto fu caricato sulle navi e poté portare con sé solo una valigia. Si lasciarono dietro le loro case, i mobili, le loro vite. Durante un burrascoso viaggio di sola andata, i cavalli della compagnia della copra occuparono il ponte, mentre donne e bambini furono costretti a dormire su un carico di guano. Arrivati alle Seychelles, vennero condotti a passo di marcia in una prigione sulla collina dove rimasero fino al trasferimento a Mauritius. Lì vennero scaricati sulla banchina.
Durante i primi mesi di esilio, la lotta per la sopravvivenza fu segnata da frequenti suicidi e morti dei bambini. Lizette ha perso due figli. «Il dottore disse che non poteva curare la tristezza», ricorda. Rita Bancoult, oggi settantanovenne, ha perso due figlie e un figlio. Racconta che quando il marito seppe che non sarebbero più potuti tornare a casa, ebbe un infarto e morì. La comunità di Diego Garcia fu devastata dalla disoccupazione, dalla droga e dalla prostituzione, fenomeni un tempo sconosciuti. La sua gente ha ricevuto un risarcimento dal governo britannico solo dopo più di un decennio: meno di tremila sterline a testa, troppo poche per coprire i debiti.
Dal 1971, Diego Garcia e le sue acque territoriali a 6 km sono state limitate dall'accesso pubblico senza il permesso del governo BIOT ed è utilizzato esclusivamente come base militare, principalmente dagli Stati Uniti. 

Nel giugno del 2004 il governo britannico ha confermato la decisione di impedire indefinitamente il ritorno degli ilois a Diego Garcia.


martedì 16 gennaio 2018